Marzo 31, 2015
Il ritmo parte piano, con un’apparente pacatezza che man mano va in crescendo, sempre più incalzante fino al grido finale di chi non si arrenderà mai. La ribellione di una vittima che diventa eroina e simbolo.
Valentina Scuderi da grande intensità al personaggio, interpretando il monologo che attrae l’attenzione e non la fa mai sfuggire.
Spettacolo antimafia tratto da un capitolo di “Alveare”, romanzo-inchiesta di Catozzella, il monologo racconta una storia realmente accaduta.
Zia Severina vive in una città in cui “la mafia non esiste”, ne sono convinti i vicini di casa ma anche i poliziotti a cui si rivolge quando è troppo impaurita, e che la trattano come una vecchia pazza, con le allucinazioni. Non sono allucinazioni, però, i rumori che la tengono sveglia, il chiasso alle quattro del mattino sotto casa, le telefonate anonime nel cuore della notte. Non sono allucinazioni i ricordi delle persone oneste che, nel tempo, hanno abbandonato gli appartamenti sotto minaccia. Zia Severina è sola perché i vicini, le istituzioni, l’hanno lasciata sola.
Nel quartiere Niguarda a Milano se la ricordano in tanti zia Severina, barricata fino all’ultimo nella sua casa popolare in balìa di una cosca che voleva portagliela via. È una storia di resistenza e di dignità, di lotta silenziosa, compiuta con l’unico mezzo di cui è in possesso un’anziana donna: l’ostinazione.
La sua caparbietà e la sua costanza hanno dato l’esempio nel quartiere: dopo di lei tante altre famiglie hanno iniziato a lottare a denunciare.
Zia Severina è in piedi. E resta così a lungo durante tutta a rappresentazione, percorrendo i quaranta metri quadri del suo piccolo appartamento che gli uomini della mafia le vogliono portar via. Zia Severina è ormai un simbolo di lotta, di resistenza.
Speriamo che restino in piedi tutti quelli come lei che non abbandonano i loro sogni strada facendo, che non si arrendono ai soprusi.